lunedì 30 marzo 2015

Un interessante articolo sui benefici che il limone può recare al nostro metabolismo.

 

 

Limone? Sì grazie!

by ssimonetto
Usato da Egizi, Greci, Romani...e dai nostri nonni come pianta e frutto terapeutico, il limone viene oggi usato nella nostra cultura (e intendo italiana in particolar modo) soprattutto in cucina, dimenticandone buona parte delle sue magnifiche proprietà.
Ricordo che il limone è un ottimo antisettico, antibatterico (si è notato durante ricerche di laboratorio che gli staffilococchi muoiono nell'arco di 5 minuti dopo essere venuti a contatto con l'olio essenziale di limone, con altri batteri come lo pneumococco ci si impiega 2/3 ore ma si ottiene lo stesso risultato), insetticida (in alcune parti dell'Africa, come la Tanzania, annientano larve, crisalidi e uova di una specie di zanzara semplicemente esponendole all'olio di limone), integratore di vitamina c (è sufficiente un limone crudo nell'arco della giornata).
Proprio perché contiene molta vitamina c risulta essere un efficace antiossidante, un anticancerogeno, un alimento anti-infarto, un buon rinforzo per le difese immunitarie (favorisce la produzione di interferone, la proteina che protegge le cellule del nostro organismo dagli attacchi esterni), favorisce la cicatrizzazione, la rigenerazione di ossa, cartilagine e tessuto connettivo, l' accumulo di calcio nella polpa dentaria, aiuta nel caso di dolori gastrointestinali.
Il limone contiene inoltre molti bioflavonoidi: compito di queste sostanze è mantenere in ottimo stato i capillari, cioè preservarne l' elasticità e la permeabilità delle pareti affinché ormoni, sostanze nutritive e il nostro più volte citato ossigeno (vedi categoria respirazione) raggiungano ogni singola cellula del corpo. Pare subito chiaro quindi come questo frutto sia di grande aiuto contro molte patologie vascolari prevenendo emorragie cerebrali, della retina, piccole emorragie dei tessuti, gengivali.
Ma un bioflavonoide contenuto nel limone (quercetina) pare utile anche contro le infiammazioni e le allergie perché andrebbe a ridurre la liberazione di istamina nell'organismo, tra l'altro in modo più naturale rispetto agli antistaminici.
E infine l'acido citrico: quando assumiamo del limone l'acido citrico giunge nello stomaco e lì dà il suo contributo al primo stadio della digestione, stimolando la produzione di acido cloridrico il quale scompone il cibo e lo prepara alla fase successiva...
Pratica quotidiana
La mattina a digiuno dopo aver bevuto un bicchiere di acqua ionizzata (vedi articolo nella categoria physio) bere un secondo bicchiere di acqua calda aggiungendo il succo di mezzo limone (l'altro mezzo utilizzatelo allo stesso modo prima del pasto). Questo semplice consiglio vi aiuterà, come detto prima, a mantenere elastici i capillari, a preparare lo stomaco alle sue funzioni e vi libererà dagli acidi urici (il limone stimola infatti la produzione di carbonato di calcio sostanza che neutralizza gli acidi).

lunedì 7 ottobre 2013

Questa sera ho sperimentato una ricetta che mi sembrava essere dall'esito poco probabile. Gli accostamenti di sapori non mi sono sembrati inizialmente molto indovinati ma il risultati finale è stato a dir poco molto gradevole! Pensate che in famiglia l'hanno apprezzata tutti, anche Andrea, il meno propenso a provare piatti "macrobiotici". Ve la propongo tal quale l'ho trovata sul sito "La Via Macrobiotica":

Uva al forno al sentore di timo con chapati integrale

OLYMPUS DIGITAL CAMERA Come resistere all’uva? E’ anche di stagione quindi possiamo stare tranquilli….ma è proprio così?
Non proprio, perchè l’uva è un frutto piuttosto yin essendo molto acquoso e molto zuccherino. Come la ciliegie un chicco tira l’altro e se ci lasciamo prendere la mano rischiamo di fare il pieno di energia raffreddante in un periodo in cui il nostro corpo ha bisogno di caricarsi lentamente di yang.
Cuocerla al forno è un buon sistema per “yanghizzarla”, oltre che renderla  deliziosa…. ;)
Per l’uva al forno:
500 g di uva nera da tavola
2 cucchiai di olio extravergine d’oliva
4-5 rametti di timo
sale
Separa gli acini dal raspo e tagliane a metà circa un terzo. Gli altri rimangono interi. Trasferisci tutti gli acini, sia quelli interi, sia quelli a metà, in una ciotola e condiscili con l’olio, una presa di sale e le foglioline di timo. Mescola bene e trasferisci il tutto su una teglia rivestita di carta forno. Inforna a 200° per 15-20 minuti. Quando alcuni acini cominciano a creparsi l’uva è pronta.
Per il chapati:
100 g di farina integrale
1 cucchiaino raso di sale marino integrale
acqua q.b.
Mescola la farina e il sale con acqua quanto basta per poter impastare e ottenere una palla elastica. Lasciala riposare coperta da un canovaccio umido in un luogo riparato da correnti d’aria, per 30 minuti.
Trascorso il tempo di riposo dividi la pasta in due palline e stendile con il mattarello formando due dischi sottili di circa 3 mm di spessore.
Lascia riposare coperto dal canovaccio umido per altri 30 minuti.
Scalda bene una padella antiaderente o una padella per cépes e cuoci i dischi uno alla volta su entrambi i lati schiacciano leggermente con un cucchiaio di legno. Dovranno gonfiare un pochino.
Tienili al caldo coperti da un canovaccio asciutto finchè porterai in tavola interi o tagliati a triangoli accompagnandoli con l’uva al forno e il suo sughetto.
Buon appetito!

Mi piacerebbe conoscere anche il parere di chiu avrà tempo e voglia di provarla.

venerdì 27 settembre 2013

Questa sera desidero farvi partecipi di un interessante articolo che mi è stato segnalato da un carissimo amico. Aspetto i vostri commenti.

“Vi racconto come il pensiero può farvi ammalare o guarire”

di Stefano Lorenzetto
Enzo Soresi, tisiologo, anatomopatologo, oncologo, già primario di pneumologia al Niguarda di Milano. Nel libro “Il cervello anarchico” racconta casi di persone uccise dallo stress o salvate dallo choc carismatico della fede
ENZO-SORESI
Dopo una vita passata a dissezionare cadaveri, a curare tumori polmonari, a combattere tubercolosi, bronchiti croniche, asme, danni da fumo, il professor Enzo Soresi, 70 anni, tisiologo, anatomopatologo e oncologo, primario emerito di pneumologia al Niguarda di Milano, ha finalmente individuato con certezza l’epicentro di tutte le malattie: il cervello. Negli ultimi dieci anni, cioè da quando ha lasciato l’ospedale per dedicarsi alla libera professione e tuffarsi con l’entusiasmo del neofita negli studi di neurobiologia, ha maturato la convinzione che sia proprio qui, nell’encefalo, l’interruttore in grado di accendere e spegnere le patologie non solo psichiche ma anche fisiche.

C’era già arrivato per intuizione il filosofo ateniese Antifonte, avversario di Socrate, nel V secolo avanti Cristo: «In tutti gli uomini è la mente che dirige il corpo verso la salute o verso la malattia, come verso tutto il resto». Soresi c’è arrivato dopo aver visto gente ammalarsi o guarire con la sola forza del pensiero. Primo caso: «Ho in cura una signora di Milano il cui marito, integerrimo commercialista, la sera andava a bucare le gomme delle auto. Per il dispiacere s’è ammalata di tubercolosi. Io lo chiamo danno biologico primario». Secondo caso: «Un agricoltore sessantenne con melanoma metastatico incontrò Madre Teresa di Calcutta, ricevette in dono un’immaginetta sacra e guarì. Io lo chiamo shock carismatico». Il professore ha dato una spiegazione scientifica al miracolo: «Il melanoma è un tumore che viene identificato dagli anticorpi dell’organismo, tant’è vero che si sta studiando da 30 anni un vaccino specifico. Non riusciamo a controllarlo solo perché l’antigene tumorale è talmente aggressivo da paralizzare il sistema immunitario. Nel caso del contadino ha funzionato una combinazione di fattori: aspettativa fideistica, strutture cerebrali arcaiche, Madre Teresa, consegna del santino. Risultato: il suo organismo ha sprigionato fiumi di interferoni e interleuchine che hanno attivato gli anticorpi e fatto fuori il cancro».
Come Soresi illustra nel libro Il cervello anarchico (Utet), già ristampato quattro volte, la nostra salute dipende da un network formato da sistema endocrino, sistema immunitario e sistema nervoso centrale. «Il secondo ci difende e ci organizza la vita. Di più: ci tollera. L’organo-mito è il linfocita, un particolare tipo di globulo bianco che risponde agli attacchi dei virus creando anticorpi. Abbiamo 40 miliardi di linfociti. Quando si attivano, producono ormoni cerebrali. Questa si chiama Pnei, psiconeuroendocrinoimmunologia, una nuova grande scienza, trascurata dalla medicina perché nessuno è in grado di quantificare quanti neurotrasmettitori vengano liberati da un’emozione. Io e lei siamo due esperimenti biologici che datano 4 miliardi di anni. Io sono più riuscito di lei. Perciò nego la vecchiaia. Non c’è limite alla plasticità cerebrale, non c’è limite alla neurogenesi. Esiste un flusso continuo di cellule staminali prodotte dal cervello: chi non le utilizza, le perde. Le premesse della longevità sono due: camminare 40 minuti tre volte la settimana – altrimenti si blocca il ricambio delle cellule e non si libera un fattore di accrescimento, il Bdnf, che nutre il cervello – e studiare».
Secondo il medico-scrittore, è questa la strada per allungare la vita di 10 anni. «Quando ci impegniamo a leggere o a compilare le parole crociate, le staminali vengono catturate dalla zona dell’encefalo interessata a queste attività. Se io oggi sottopongo la sua testa a una scintigrafia e poi lei si mette a studiare il cinese, fra tre anni in un’altra scintigrafia vedrò le nuove mappe cerebrali che si sono create per immagazzinare questa lingua. Prenda i tassisti di Londra: hanno un ippocampo più grande perché mettono in memoria la carta topografica di una città che si estende per 6 miglia».
Il professor Soresi è cresciuto in mezzo alle lastre: suo padre Gino, tisiologo, combatteva la Tbc nel sanatorio Vialba di Milano, oggi ospedale Sacco. Si considera un tuttologo, al massimo un buon internista, che ha scoperto l’importanza della neurobiologia studiando il microcitoma. «È un tumore polmonare che ha la caratteristica di esordire con sindromi paraneoplastiche, cioè con malattie che non c’entrano nulla col cancro: artrite reumatoide, tiroidite autoimmune, sclerodermia, reumatismo articolare. È una neoplasia che nel 100% dei casi scompare con quattro cicli di chemioterapia. Eppure uccide lo stesso nel giro di sei mesi. Era diventato la mia ossessione: non riuscire a guarire una cosa che sparisce».
Com’è possibile?
«Ci ho scritto 100 lavori scientifici e ci ho messo 30 anni a capirlo: perché il microcitoma ha una struttura neuroendocrina. La massa nel polmone scompare, ma si espande con metastasi ovunque. Ne ho concluso che la medicina non è una vera scienza. Tuttalpiù una scienza in progress».
Diciamo una scienza inesatta.
«L’ho provato sulla mia pelle nel 1950. Ero basso di statura, come adesso, e mio padre si preoccupava. Eppure le premesse genetiche c’erano tutte: lui piccolo, mia madre piccola. Mi portò dal mitico professor Nicola Pende, endocrinologo che aveva pubblicato sei volumi sul timo come organo chiave dell’accrescimento. Pende mi visitò, mi palpò i testicoli e concluse: “Questo bambino ha il timo iperplastico, troppo grosso. Bisogna irradiarlo”. Se mio padre avesse seguito quel consiglio, sarei morto. Questa è la medicina, ragazzi, non illudiamoci».
Torniamo al cervello.
«Sto aspettando di diventare nonno. Il tubo neurale della mia nipotina ha cominciato a svilupparsi dal secondo mese di gravidanza. Alla nascita il cervello non sarà ancora programmato, bensì in fase evolutiva. L’interazione con l’ambiente lo strutturerà. Ora facciamo l’ipotesi che un neonato abbia la cataratta: se non viene operato entro tre mesi, i neuroni specifici della vista non si attivano e quel bimbo non vedrà bene per il resto della vita. Oppure poniamo che la madre sia ansiosa e stressata, il padre ubriacone e manesco: lei capisce bene che i segnali ricevuti dal neonato sono ben diversi da quelli che sarebbero auspicabili. E questo vale fino al terzo anno di vita, quando nasce il linguaggio, che attiva la coscienza del sé, e la persona assume una sua identità. Di questi primi tre anni d’inconsapevolezza non sappiamo nulla, è una memoria implicita, un mondo sommerso al quale nessuno ha accesso, neanche l’interessato, neppure con la psicoanalisi. Ma sono i tre anni che ci fanno muovere».
Allora non è vero che si può «entrare» nel cervello.
«Ai tempi in cui facevo le autopsie, aprivo il cranio e manco sapevo a che cosa servissero i lobi frontali. Li chiamavamo lobi silenti, proprio perché ne ignoravamo la funzione. Molti anni dopo s’è scoperto che sono la sede dell’etica, i direttori d’orchestra di ogni nostra azione».
E graziaddio avete smesso con le lobotomie.
«A quel punto sono addirittura arrivato a fare le diagnosi a distanza. Se mi telefonavano dalla clinica dicendo che un paziente con un tumore polmonare s’era messo d’improvviso a urlare frasi sconce o aveva tentato di violentare la caposala, capivo, dalla perdita del senso etico, che era subentrata una metastasi al lobo frontale destro».
Ippocrate aveva definito il cervello come una ghiandola mammaria.
«Aveva còlto la funzione secretiva di un organo endocrino che non produce solo i neurotrasmettitori cerebrali – la serotonina, la dopamina, le endorfine – ma anche le citochine, cioè la chiave di volta dei tre sistemi che formano il network della vita. Lei sa che cosa sono le citochine?».
Sì e no.
«Sono 4 interferoni, che aiutano le cellule a resistere agli attacchi di virus, batteri, tumori e parassiti, e 39 interleuchine, ognuna con una funzione specifica. Se sono allegro e creativo libero citochine che mi fanno bene, se sono arrabbiato e abulico mi bombardo di citochine flogogene, che producono processi infiammatori. Ecco perché il futuro della medicina è tutto nel cervello. Le faccio un esempio di come il cervello da solo può curare una patologia?».
La ascolto.
«Avevo un paziente affetto da asma, ossessivo nel riferire i sintomi. Più gli davo terapie, più peggiorava. Torna dopo tre mesi: “Sono guarito”. Gli dico: senta, non abbassi la guardia, perché dall’asma non si guarisce. “No, no”, risponde lui, “avevo il malocchio e una fattucchiera del mio paese me l’ha tolto infilandomi gli spilloni nel materasso”. La manderei da un esperto in malocchi, replico io. E riesco a spedirlo dallo psichiatra Tullio Gasperoni. Il quale accerta che il paziente era in delirio psicotico. Conclusione: da delirante stava bene, da presunto normale gli tornava l’asma».
Effetto placebo degli spilloni.
«Paragonabile a quello dei finti farmaci. L’effetto placebo arriva a rispondere fino al 60% nel far scomparire un sintomo. Noi medici non possiamo sfruttarlo, altrimenti diventerebbe un inganno. Ma esiste anche l’effetto nocebo».
Esemplifichi.
«Donna di altissimo livello culturale, fumatrice accanita. Il marito, un imprenditore fratello di un noto politico, la tradiva sfrontatamente con una giovane amante. Quando la informai che aveva un tumore polmonare, mi raggelò: “Non m’interessa. L’importante è che lo dica a mio marito”. Cosa che feci, anche in maniera piuttosto teatrale. Lui scoppiò a piangere, lei sfoderò un sorriso trionfale. È evidente che due anni di stress violento avevano provocato nella donna un abbassamento delle difese immunitarie. Almeno morì contenta, sei mesi dopo. Vuole un altro esempio? Una cara amica con bronchiettasie bilaterali. Antibiotici su antibiotici. Qual era il movente? Non andava più d’accordo col marito. Per due anni non la vedo. La cerco al telefono: “Enzo, mi sono separata, vado in chiesa tutte le mattine, sto bene”. L’assetto psichico stabilizzato le ha consentito di ritrovare la salute. Continuo?».
Prego.
«Colf di 55 anni, origine salernitana, tradizionalista. Mai un giorno di malattia. La figlia le dice: “Vado in Inghilterra a fare la cameriera”. Stress di 10 giorni, ginocchio gonfio così. La lastra evidenzia un’artrosi della tibia: non s’era mai attivata, ma al momento del disagio mentale è esplosa. C’è voluto un intervento chirurgico».
Nel libro Il cervello anarchico lei riferisce di sogni premonitori.
«Sì. Viene da me uno psichiatra milanese, forte fumatore, con dolori scheletrici bestiali. Mi racconta d’aver sognato la sua tomba con la data della morte sulla lapide. Lastra e Tac negative. Era un tumore polmonare occulto, con metastasi ossee diffuse. Morì esattamente nel giorno che aveva sognato. Del resto lo psicoanalista Carl Gustav Jung mentre dormiva avvertì un forte colpo alla nuca, dopodiché gli apparve in sogno un amico che gli disse: “Mi sono sparato. Ho lasciato il testamento nel secondo scaffale della libreria”. L’indomani andò a casa dell’amico: s’era suicidato e la busta era nel posto indicato».
I miracoli secondo lei che cosa sono? Eventi soprannaturali o costruzioni del cervello?
«Io sono per un pensiero laico. Credo nella forza della parola. Se noi due ci parliamo, piano piano modifichiamo il nostro assetto biologico, perché la parola è un farmaco, la relazione è un farmaco. Di sicuro credere fa bene. Un gioielliere milanese mi portò la madre, colpita da metastasi epatiche. Potei prescriverle soltanto la morfina per attenuare il dolore. La compagna brasiliana di quest’uomo si chiama Maria di Lourdes e ha una sorella monaca in una congregazione religiosa che nella foresta amazzonica prega a distanza per le guarigioni. Maria di Lourdes telefonò al suo uomo dal Brasile: “Di’ alla mamma che le suore pregheranno per lei all’ora X del giorno X”. Da quel preciso istante la paziente oncologica, che prima urlava per il dolore, non soffrì più».
Come si mantiene in buona salute il cervello?
«Ho un cugino architetto, mio coetaneo, che sembrava un rottame. S’è iscritto all’università della terza età, ha preso passione per la lingua egiziana, tutti i giorni sta cinque ore davanti al computer, ha già tradotto quattro libri in italiano dall’egiziano. È ringiovanito, ha cambiato faccia».
Sappiamo tutto del cervello?
«Nooo! Sul piano anatomico e biologico sappiamo intorno al 70%. Ma sulla coscienza? Qui si apre il mondo. Lei calcoli che ogni anno vengono pubblicati 25.000 lavori scientifici di neurobiologia».
Allora come fa una legge dello Stato a dichiarare morto un organo che per il 30% ci è ignoto e della cui coscienza sappiamo poco, forse nulla?
«Siccome si muove per stimoli elettrici, nel momento in cui l’elettroencefalogramma risulta muto significa che il cervello non è più attivo».
Ma lei che cosa pensa della morte cerebrale?
«Mi fermo… Però ha ragione, ha ragione lei a essere così attento alla dichiarazione di morte. Nello stesso tempo c’è un momento in cui comunque bisogna dichiarare la morte di un individuo dal punto di vista biologico».
Prima del 1975 dichiaravate la morte quando il cuore si fermava, l’alito non appannava più lo specchio, il corpo s’irrigidiva.
«Eh, lo so… La morte cerebrale consente di recuperare gli organi per i trapianti».
Ha mai sperimentato su di sé disagi psichici che hanno influenzato il suo stato di salute?
«Nel 1971 ho sofferto moltissimo per la morte di mia moglie Marisa, uccisa da un linfogranuloma a 33 anni. Devo tutto a lei. Era una pittrice figurativa che andò a studiare negli Stati Uniti appena sedicenne e indossava i jeans quando a Milano non si sapeva manco che esistessero. La malattia cambiò la sua arte. Cominciò a dipingere corpi sfilacciati, cuori gettati sopra le montagne. Fu irradiata in maniera scorretta da un grande radioterapista dell’epoca, per cui nell’ultimo anno di vita rimase paralizzata. Nostro figlio Nicolò, nato nel 1968, l’ho cresciuto io. Marisa mi ha lasciato un modello perfetto: un bambino che riesce a sopportare persino la perdita più straziante solo perché la mamma ha saputo far sviluppare armonicamente il suo cervello nei primi tre anni di vita».
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it
FONTE: ILGIORNALE

mercoledì 25 settembre 2013

Oggi grande esperimento con la macchina del pane!
Torta di mele rigorosamente Macrobiotica. Ecco come ho fatto:
ho messo nella vaschetta della macchina, in sequenza: 200cc di acqua, 100 grammi di miele delle mie api, una tazza (200 cc) di lievito madre (il mio), tre tazze di farina BIO tipo 2, un pizzico di sale, 50 grammi di olio EVO,  2 mele sbucciate e tagliuzzate, 50 grammi di uva passa ammollata in acqua tiepida ed un pizzico di cannella. Quindi ho dato fuoco alle polveri e la macchina è partita. Ho seguito il programma 3, quello per il pane integrale, che dura circa tre ore e mezza. Al termine ho prolungato la cottura di altri 20 minuti perchè l'impasto con le mele è un po' più umido di quello per il pane. Il risultato? Fantastico, naturalmente per chi è abituato ai dolci macrobiotici. Il nostro palato è abituato allo zucchero bianco che è molto più forte di sapore del miele, ma è anche dannoso per la salute. Potete provare a farla anche nel forno di casa utilizzando gli stessi ingredienti e facendo lievitare l'impasto direttamente nello stampo di cottura per almeno 2 ore e mezza e cuocendolo per circa un'ora a 175 gradi partendo dal forno freddo e verificando alla fine con uno stuzzicadenti il grado di cottura e prolungando la permanenza in forno se necessario. Fatemi sapere il risultato e buon appetito.

lunedì 23 settembre 2013

Oggi ho preparato una semplicissima zuppa di miso ed un Basmati integrale saltato con verdure e profumo di curry. Come sempre tutti gli ingredienti devono essere BIO. Metti a bollire l'acqua (per quattro persone servono quattro tazze) . Quando l'acqua bolle metti in pentola le verdure tagliate sottilmente (io ho utilizzato un cipollotto, una carota, qualche foglia di cavolo cappuccio,un gambo di sedano ma puoi liberamente cambiare gli ingredienti) e fai cuocere per 15 minuti. Nel frattempo metti in ammollo qualche centimetro di alga Wakame (3 o 4). Trascorso il tempo di cottura affetta sottilmente l'alga ed aggiungila in pentola unitamente ad un cucchiaio di Miso diluito nel brodo. Fai bollire ancora qualche minuto (2 o 3) e servi ben calda in una ciotola.
Il riso richiede un po' più di impegno e di attenzione. Ho utilizzato un Basmati integrale in quantità di 50/60 grammi a persona. Innanzi tutto devi lavare il riso e, dopo averlo scolato mettilo in pentola con il doppio in peso di acqua fredda ed un pizzico di sale. Io utilizzo una piccola pentola a pressione (3 litri) e lascio cuocere per venti minuti a fuoco lento dal momento del fischio. Nel frattempo prepara le verdure (io ho utilizzato carota, cipolla, sedano, olive denocciolate ma puoi aggiungere anche piselli freschi cotti) tagliandole in piccoli pezzi. In una padella fai saltare le verdure in poco olio EVO evitando di farle ammorbidire troppo (dovrebbero restare croccanti). Quando il riso è cotto travasalo in padella con le verdure aggiungendo pochissimo olio EVO, poca acqua, un po' di curry e salsa di soia secondo il tuo gusto. Completa il tutto con una spruzzata di prezzemolo tritato fresco e servi ancora caldo. E buon appetito!


domenica 22 settembre 2013

Rieccomi! Dopo un'estate un po' altalenante dal punto di vista alimentare sono tornato ad un regime "vegetariano" personalizzato. Pescando tra cucina Macrobiotica, Vegetariana e Vegana ho avuto modo di gustare piatti saporiti molto gradevoli al palato e di sicuro non dannosi per la salute che non mi hanno fatto rimpiangere i piatti della cucina tradizionale che ben conosco ed apprezzo. Il punto di partenza ineludibile è, in ogni caso, che tutti gli ingredienti siano certificati BIO. Stamattina vorrei proporre una ricetta semplice ma gustosa adatta a chi non assume alcun tipo di alimento di origine animale: Scaloppine di seitan al limone con purè di patate al profumo di cardamomo.
Cominciamo dal purè: dopo aver lavato accuratamente le patate (circa 500 grammi per due persone) le metto a bollire (in acqua fredda) calcolando 20/25 minuti da quando iniziano a bollire. Nel frattempo affetto sottilmente circa 100 grammi di seitan a persona (5 mm di spessore) e lo passo nella farina (io uso la farina biologica di grano tenero di tipo 2). Trascorso il tempo di cottura delle patate (per sicurezza verifico con uno stuzzicadenti che deve entrare senza sforzo fino al centro delle patate) le pelo a caldo. Dopo averle passate al setaccio (meglio se avete il classico schiacciapatate) le sistemo in un tegame con due cucchiai di olio EVO. In un pentolino faccio scaldare 150-200 cc di latte di soia con uno spicchio d'aglio pelato (facoltativo) e il contenuto di quattro baccelli di cardamomo pestato in mortaio (se avete il classico mortaio giapponese "suribachi" sarà molto più semplice). A questo punto inizio a scaldare il purè a fuoco medio aggiungendo il latte di soia, filtrandolo con un colino per evitare di trovare i "puntini neri" dei semi di cardamomo, fino al raggiungimento della consistenza desiderata. Se necessario posso aggiungere altro latte di soia sempre caldo. In una padella faccio scaldare un po' di olio EVO nel quale passo le fettine di seitan facendole dorare leggermente da entrambi i lati e salando secondo gusto. Aggiungo infine il succo di un limone (BIO) e qualche scorzetta tritata. Se il composto dovesse asciugarsi troppo aggiungo poca acqua per creare un po' di cremina da utilizzare poi nella preparazione dei piatti. Adesso non resta che impiattare sistemando il purè con accanto quattro fettine di seitan accompagnate dal sughetto di cottura. E buon appetito!
 

mercoledì 26 giugno 2013

Diamine! Come passa il tempo.
E quanta acqua è passata sotto il ponte del mio cammino....
Ma l'acqua non scorre invano: se trova il mulino giusto produce anche qualcosa di utile.
Quando cerchi di trovare il tuo giusto equilibrio, sia fisico che mentale, spesso ti avventuri lungo sentieri inesplorati. Un po' di meditazione... yoga, un po' di esercizio fisico.... cammino e, infine, la ricerca della giusta alimentazione. Eh sì, anche questa ci mancava! Il colesterolo un po' alto, la pressione al limite.... e gli anni che avanzano inesorabilmente. Allora cominci a guardarti intorno alla ricerca di informazioni, testi sacri sull'alimentazione, vegetariana, vegana, macrobiotica, per finire alla dieta del gruppo sanguigno....; ognuno dice e scrive la sua: il latte? VELENO (e l'hai bevuto ininterrottamente dalla nascita fino a ieri); la carne? ALTAMENTE TOSSICA (e le meravigliose grigliate che hai fatto fino a settimana scorsa?); i carboidratì? OCCHIO AL DIABETE! (ma quelle meravigliose lasagne al pesto....?); e la frutta? SOLO DI STAGIONE ed a chilometro zero; ma le verdure? Attento ai veleni che vengono usati in agricoltura..... insomma, bisognerebbe riuscire a vivere solo di aria ed acqua..... se non fosse che sono entrambe inquinate!
E allora che fare?
Allora decidi che provi un po' di tutto fichè non trovi il tuo equilibrio personale e verifichi sul campo gli effetti di ciò che ingurgiti, naturalmente masticando lentamente, non bevendo durante il pasto, niente bevande gassate......ecc. ecc. ecc.